Combray

La nuova umanità

In Art, Books, Cinema, Cronaca, Cultura, Letteratura, Libri, News, Poesia, Politica, Uncategorized on 17 gennaio 2016 at 12:27

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Diciamolo con nobile orgoglio: questo paese non è in fondo malaccio, no no, non lo è proprio. Qualche sera fa, mentre allegramente ripetevo dentro di me questa curiosa litania, apparve qualcosa di bianco e nero nell’immancabile servizio culturale del telegiornale.

Il mollica di turno, proclamava con pacchiana sicumera il ritorno nelle sale di un capolavoro della storia del cinema restaurato dalla Cineteca di Bologna. Questa volta dovetti a malincuore essere d’accordo con il garrrulo mollica di turno, come infatti mettere in discussione Il Grande Dittatore di Chaplin?

Il panegirico pindarico, adoro questo allegro neocalambour, questa volta ci stava tutto, film prodigioso, capolavoro, parodia grottesca, impasto tragico, oscillazione marcusiana tra patetico e comico. Tutto era perfetto nel servizio, le parole, le immagini, lo stacco finale sulla giornalista che sorridendo dentro di se pensava: “Beh, domani sera andrò a vederlo, non mi toccherà fare il solito pompino al capostruttura di turno”.

Anch’io nella mia ritrovata baldanza culturale, accettai il fatto compiuto. La pellicola sarebbe tornata nelle sale, finalmente un segno del neo partito della nazione. Il partito democratico aveva finalmente messo in atto il suo piano per la deruralizzazione dell’impero. Promisi solennemente sul busto di Georges Melies, che orna come centrotavola il mio soggiorno, che mai avrei perduto un’ occasione simile e al cinema lo avrei rivisto. Poi mi scontrai con l’amara realtà.

L’ attrezzatissima multisala della mia città ignorò il film, le altre tre nei dintorni di questo fottutissimo paese fecero lo stesso, la monosala dove solitamente mi recavo per visioni particolari era passata anche lei in 4K e, sotto ricatto delle major, proiettava il film di zalone ormai paragonato dalla corruttissima critica nostrana a Chaplin e Keaton. Scovai soltanto un cinemino a 35km da casa che l’aveva in cartellone per una sera. Feci due rapidi conti benzina+chilometri+autostrada+tempo e desistetti.

Affranto feci una severa autocritica sul modo personalissimo con cui anni fa affrontai la fruizione dell’arte, scevra da compromessi e intingoli culturali di regime. Decisi di cambiar vita e lo feci. Il giorno dopo mi recai in un centro commerciale e comprai uno smarthphone, la sera stessa al cinema Margherita sghignazzai a più non posso di fronte alle trovate di Checco Zalone, mi divertii assieme agli altri e, per la prima volta nella mia vita, mi sentii partecipe di un progetto globale che mi avrebbe reso finalmente felice.

Tornai a casa tristissimo. Il giorno dopo mi iscrissi al partito democratico.

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