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Lettere due

In Letteratura, Libri on 9 settembre 2012 at 12:01

Dopo Luigi Settembrini, un’altra lettera di rifiuto, questa volta di Giosuè Carducci, dal Melzi definito “Il pagano e titanico poeta della Terza Italia”. Si tratta di un rifiuto netto e stizzito riguardo una sua possibile candidatura come deputato in parlamento.

Lucca (campagna), 24 agosto 1882

Caro Signore, ricevo oggi qui la pregiata sua del 22 corrente. Ringrazio; ma, risolutamente fermo a non volere essere deputato, prego sia messo da parte ogni pensiero di candidatura mia. Né con ciò faccio torto a quei benevoli cittadini i quali si compiacquero di ricordare che io nacqui, poco bene e poco male, fra loro.

È vero: io mi lascia portare (come dicono) altre volte e quando ero certo di non arrivare: arrivato per disgrazia una volta, aspettai tanto ad entrare che mi fosse chiusa la porta in faccia. È proprio che io non voglio essere deputato.

Fare il deputato a Roma e l’insegnante a Bologna, onestamente non posso. Potrei essere tramutato di cattedra a Roma. Fu fatto per altri. E fu chi ne parlò anche con me. Ma se io soltanto permettessi che la collazione degli offici pubblici servisse a’ comodi miei per fini e maneggi di parte, mi reputerei quel che i nostri vecchi avrebbero detto un simoniaco e un barattiere e io dico un ribaldo e una canaglia.

E poi io non mi sento d’accordo con nessuna delle sètte nelle quali si distingue e si confonde la Camera d’oggi e si distinguerà o confonderà probabilmente la Camera di domani. E fare il singolare e l’originale non voglio, né voglio sommettere l’ombrosa selvatichezza del mio pensiero o fors’anche i miei capricci e le mie passioni ai dispotismi, ai capricci, alle passioni altrui personali. Saprei, nella suprema necessità della patria e in certi casi, metter via questi scrupoli. Per ora sto meglio fuori che dentro del Parlamento; e credo che fuori, elettore e sovrano, sovrano senza costituzione, di tutto il mio, compirò meglio i doveri di cittadino e d’italiano.

Giosuè Carducci

Lettere

In Letteratura on 30 agosto 2012 at 22:52

Segnalo questa lettera inviata il 27 ottobre 1860 da Luigi Settembrini, insigne letterato e patriota, al Ministro dei Lavori Pubblici Luigi Giura il che lo nominava Direttore del Ministero dei Lavori Pubblici. La lettera è tratta da “L’arte di scrivere le lettere” Ulrico Hoepli editore.

Signore,

ieri Ella mi ha comunicato un decreto, che mi nomina Direttore del Ministero dei Lavori Pubblici. La ringrazio dell’onore che m’ha voluto fare, ma per mille ragioni non posso accettare quest’uffizio: e gliene dirò solamente una, e la più semplice. A mio credere ogni onest’uomo deve fare quello che egli sa fare; ed io non sono uno di quei pochissimi che riescono bene in tutto, né uno di quei molti, che pretendono di saper tutto. Non ho le cognizioni tecniche necessarie ad un Direttore de Pubblici Lavori, e non potrei, senza danno pubblico e senza rimprovero della mia coscienza, togliermi un carico maggiore delle mie forze. Però la prego di accettare la mia rinunzia.

Servo suo

Luigi Settembrini