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Dopo divorzieremo

In Cinema on 2 marzo 2013 at 14:05

vivi gioi dopo divorzieremo

Vivi Gioi è Grace, commessa che lavora nei grandi magazzini in una imprecisata città americana dove vige una regola ferrea: il divieto di sposarsi da parte delle commesse pena il licenziamento.Le ragazze che vi lavorano risiedono in un gineceo-palazzo dove è vietato agli uomini entrare.

Grace divide il suo appartamento con Fanny (Lilia Silvi)  impiegata come cassiera in un ristorante. Amedeo Nazzari è Phil, violinista squattrinato che si introduce nel gineceo spacciandosi per un tecnico della società dei telefoni. All’appartamento 316 sesto piano, c’è l’apparecchio guasto ma anche Grace sua nuova fidanzata. Accolto dall’esclamazione “Un uomo!” da parte delle ragazze che giocano nel corridoio, Phil fa la conoscenza dell’austera e severa direttrice dell’alloggio la signora Agnes (Lia Orlandini).

Phil dopo non aver riparato il telefono, rimane a cena da Grace e Fanny ma viene scoperto dalla direttrice che decide che Grace l’indomani lascerà l’appartamento. A questo punto Fanny per salvare l’amica, fa credere alla signora Agnes che Phil è il suo fidanzato che a breve sposerà. La soluzione per il pasticcio può sembrare assurda ma non è così. Fanny e Phil si sposeranno per poi divorziare e permettere a Grace coronare il suo sogno d’amore senza perdere l’impiego. Fanny si mette al lavoro per la lista di nozze mentre la direttrice si intrattiene allegramente con il futuro sposo.

Il matrimonio tra Phil e Fanny è avvenuto (non si sa dove nè con quale rito, ma questo è secondario) e siamo al ricevimento. Non dimentichiamoci che l’ambientazione è americana per cui si mettono alla berlina certi comportamenti leggeri quali la semplicità nell’ottenere il divorzio, la sontuosità pacchiana delle portate del pranzo ed un certo ottimismo di fondo nella vita che in Italia, in tempo di guerra, non si respira. La fine del film vedrà trionfare l’amore fra Phil e Fanny e la rinuncia a tutti i propositi di divorzio precedentemente concordati.

La semplicità della trama unita ad un intreccio inverosimile tipico del cinema dei telefoni bianchi (cinema che il buon Gian Piero Brunetta si sforza di definire Cinema Déco) viene guidato magistralmente da Nunzio Malasomma non a caso uno dei maggiori registi di quegli anni. Amedeo Nazzari troppo spesso sottovalutato è qui all’apice della popolarità, mentre Vivi Gioi, nome d’arte di Vivien Trumphy, svolse una fitta carriera nell’ambito del cinema dei telefoni bianchi. Di una bellezza cosmopolita ed americana che poco aveva di italiano, venne ingiustamente messa da parte nel dopoguerra recitando in film minori, ma svolgendo nel contempo un’ intensa attività teatrale con le maggiori compagnie dell’epoca.

Vi rimando come sempre su You Tube per alcune sequenze che ho caricato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Centomila dollari

In Cinema on 10 febbraio 2013 at 08:29

assia noris centomila dollari

Assia Noris è Lily, telefonista al Grand Hotel mentre Amedeo Nazzari è il miliardario americano John Woods, re della gomma e del petrolio. Si conoscono in circostanze assurde, come vuole la tradizione dei telefoni bianchi: lei in campagna tira sassate a casaccio e colpisce il parabrezza del miliardario che sta arrivando a Budapest per affari.

In albergo Woods ripensa alla ragazza, la cerca e scopre che, assieme ai familiari è a cena in hotel per festeggiare il suo prossimo matrimonio. Chiama allora il futuro sposo Paolo Zilay, interpretato da Maurizio D’Ancora, e gli offre centomila dollari se la sua fidanzata accetterà di cenare con lui. Il fidanzato sdegnato rifiuta e torna dai parenti per spiegare l’accaduto. Gli zii che tutelano la ragazza che è orfana rimangono inorriditi dalla proposta, fino a quando Paolo non rivela la cifra offerta.

La scena che segue è divertentissima e recitata magistralmente dai credibili attori di quegli anni, su tutti Ernesto Almirante ed Lauro Gazzolo i due zii di Lily. Dopo aver tuonato sulla faccia tosta degli americani e sulla loro volgarità, la discussione lentamente scivola sulla cifra e sul capriccio di un miliardario che in fondo, essendo anche giovane e di bell’aspetto non può sicuramente nuocere alla ragazza.

Lily è l’unica che si oppone ma dovrà cedere dopo l’ultimo discorso strappalacrime dello zio Stefano (Lauro Gazzolo) ai parenti ed al fidanzato imbelle. Nella sequenza sono da notare due cose: l’orologio sopra il polsino della camicia di Amedeo Nazzari (evidentemente non è invenzione dell’avvocato Agnelli) e velate allusioni alla situazione economica generale. I soldi, nonostante le bonifiche pontine e l’uomo forte al timone della nazione, servono un po’ a tutti. Gli americani, come spesso accadeva in quegli anni, sono visti come delle macchiette; buontemponi miliardari che si divertono a buttar via soldi per capriccio. Dall’alto, la mano leggera di Mario Camerini nel dirigere pellicole finanche di routine ma godibilissime.

Vi rimando come sempre su You Tube per alcune sequenze che ho caricato.

Film ingrato

In Cinema on 12 gennaio 2013 at 17:46

la donna della montagna-marina berti

Tratto dal romanzo di Salvator Gotta “I giganti innamorati” è uno degli inizi di film più misteriosi ed affastellati che io conosca. Durante una gita in montagna all’ingegner Morigi (Amedeo Nazzarri) muore la fidanzata per un attacco di cuore.

Il film inizia con il funerale della giovane ragazza e con la gente affacciata ai balconi ed alle finestre che assiste al passaggio della bara, portata in spalla anche dal fidanzato. Le campane che suonano a morto ed i commenti delle persone, fanno da sottofondo al passaggio della salma per le strette vie del paesino di montagna. Le arcate, il pullman che si ferma al capolinea, la pioggia che comincia a cadere, il chierichetto che corre con l’ombrello per coprire il parroco.

La pioggia è ora continua e battente, quasi violenta, si entra nel piccolo cimitero dove la bara è calata con delle funi nella fossa accompagnata dall’omelia del prete. Il carrello della macchina da presa racconta tutto questo ma racconta anche di una ragazza (Marina Berti) che segue il funerale, si nasconde tra la folla, osserva il dolore del giovane ingegnere, entra nel cimitero aprendo il grande cancello di ferro.  Poi, all’improvviso, colto da malore Amedeo Nazzari sviene.

Orbene questo film travagliato di Renato Castellani girato nel 1943 che si incaglia l’8 settembre per i noti fatti e viene montato senza il consenso del regista, dicevo questo film che ha un frammento magistrale nell’asciuttezza di quelle prime riprese, cupo presagio degli accadimenti che avverranno nel nostro paese, ad un tizio su You Tube non è piaciuto. A questo punto mi sento di dire: evviva i Muccini.

Vi rimando come sempre su You Tube per la sequenza che ho caricato.