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Le occasioni perdute

In Uncategorized on 27 agosto 2011 at 09:46

Capita a tutti nella vita di arrivare con un attimo di ritardo. Un treno perduto, un appuntamento mancato, un futuro che poteva essere diverso. Il rimpianto più grande opprime la nostra esistenza e ci rende infelici, consapevoli di essere granelli di sabbia spazzati dal vento. Pochi i motivi per cui vale la pena vivere, al famoso elenco di Woody Allen aggiungerei Giovanni M. a torso nudo sulle Tre Cime di Lavaredo.

Tanti i motivi di rammarico, come quella volta che mi soffiarono il numero uno dei Fantastici Quattro per duemilacinquecento lire. Ricordo che non era una bancarella di fumetti, cianfrusaglie varie e qualche scatola di libri per terra. Mi accovacciai come mio solito per rovistare, di fronte a me un ragazzo più o meno della mia età. Lo trovò quasi subito, è probabile che io l’abbia anche toccato. Poi chiese il prezzo, pagò soddisfatto e andò via. Lo odiai da subito, analizzai minuziosamente la mia vita nelle ultime ventiquattrore. Pochi secondi prima e sarebbe stato mio, dove avevo perso tempo; lavandomi i denti, facendo colazione, dormendo dieci minuti in più. Anni dopo lo pagai mille lire, un po’ ridotto male ma integro. Non fu la stessa cosa. Ancora oggi quando l’ho in mano e lo sfoglio ripenso ad altre occasioni perdute.

Epifaniche dissolvenze mi scuotono all’alba, bancone di libri a un euro, mi sporgo, sono alto e arrivo al centro dove non tutti possono, l’ho in mano. Immagino sia un libro russo i caratteri sono in cirillico, il testo è corredato da una quindicina di foto di squadre di calcio, intuisco Spartak Mosca e Dinamo Mosca. Foto in bianco e nero anni “50-“60 circa. Indeciso lo poso, lo riprendo, ripasso dopo…Ancora oggi ripenso a come potrebbero essere state diverse le mie serate con quel libro. Io, che in smoking sorseggio il mio solito cocktail dopo cena snocciolando a memoria la formazione dello Spartak Mosca del 1956.

L’altra bancarelle è stretta e lunga, forma una semicurva. La aggredisco in derapata. Le tavole di legno sono un po’ basse, scomodo, ma intuisco che c’è qualcosa. E’ incellofanato da quarant’anni, strano penso, già esisteva il cellofan, o si dice cellophane? Il formato è ampio, è brossurato, un incrocio fra un comic book e Sorrisi e Canzoni. Un euro per la storia di Massimo Inardi, le sue vittorie a Rischiatutto e la sua memoria prodigiosa. Ero piccolo ma lo ricordo pingue, bonario, sorridente. Partecipò a Rischiatutto per comprarsi un impianto stereo, appassionato di musica classica e di parapsicologia, venne accusato di leggere nella mente di Mike Buongiorno le risposte. Leggere nella mente di Mike, strano paese il nostro. E’ il cellofan, intanto mi sono documentato si può dire in entrambi i modi, che mi frega. Vorrei sfogliarlo ma questa specie di preservativo me lo impedisce. Potrei chiedere al tizio della bancarella di scappucciarlo ma non oso. Spesso questi personaggi sono intrattabili e violenti ma non tutti, i bouquinistes sul lungosenna sono gentili. Ricordo che mi allontanai a testa bassa, frustrato, con un euro in più in tasca ma profondamente infelice per le nequizie del mondo. Come Balzac, anch’io avevo perduto qualcosa.

Un flagello moderno

In Libri on 21 agosto 2011 at 09:55

Già il Novissimo Melzi ci metteva in guardia da Happy Hour e Wine Bar. Alla voce Alcolismo, l’approccio medico-scientifico al problema è del tutto inesistente. Nessuna differenziazione fra i vari tipi di alcolismo, acuto e cronico, nulla sui disturbi organici e psichici che si manifestano. La definizione compie un excursus storico sul problema, da Anacreonte ai giorni nostri, il 1951.

Scopro così che in Italia, in quegli anni, era proibita la vendita di alcolici nei giorni di elezioni politiche e amministrative. Considerata la statura morale dell’attuale classe politica, fra tanti referendum inutili, si potrebbe reintrodurre questo divieto. Noi italiani, quando votiamo, dobbiamo essere per forza sotto l’effetto di qualche sostanza. Da buon padre di famiglia il Melzi chiude la definizione con un monito perentorio, Un parco uso giova.

Alcolismo, Non è un flagello moderno. Anacreonte, Aristotele, Plutarco, ec., se ne preoccuparono. Plutarco parla della degeneraz. dei figli alcolizzati. Dracone puniva con la morte l’ubbriachezza. Una sua legge puniva gli osti quando vendevano vino puro. Un’altra non accordava il beneficio dell’irresponsabilità e nemmeno le attenuanti ai delinquenti ubriachi. Anche ai tempi nostri si sono venute estendendo (R°.Unito, U.S.A., Francia, Belgio, Italia, ecc.) leggi contro l’alcolismo. In Italia è proibito vender bevande alcoliche nei giorni di elezioni pol. e ammin.Negli U.S.A. si proibirono la produzione e il comm. di tutte le bevande alcoliche (Regime secco) fino al marzo 1933. La Norvegia, dopo un settennio di proibizionismo, è ritornata (1° aprile 1927) al Regime Umido, così la Finlandia (1931) : est modus in rebus. Un parco uso giova.

L’ultimo spettacolo

In Cinema on 17 agosto 2011 at 09:48

Red River è il primo western girato da Howard Hawks, è un film del 1949 con un grandissimo John Wayne e con il più grande sposamento di una mandria mai filmato. L’ultimo spettacolo proiettato nel cinema di Anarene in Texas sarà proprio questo film. Il cinema chiude perché così vuole la televisione ed il baseball, perché Sam è morto, perché i ragazzi partono per la Corea. Accattone in minore, parafrasando Guccini, girato fra la polvere e il vento, case basse, drugstore cadenti e furgoni scassati. La voce di Hank Williams accompagna i ragazzi di Anarene in un’America dimenticata, da cui tutti vogliono andarsene.

Peter Bogdanovich, come Francois Truffaut viene dalla critica cinematografica, è soprattutto un appassionato di cinema e il suo cinema non può che parlare dei suoi miti. The last picture show, del 1971 è il suo secondo film, Les quatre cents coups è del 1959 ed è il primo film di Truffaut. In entrambi, la passione vera di due registi verso la nostalgia per un cinema che sembra dimenticato. La storia dei film è anche storia di titoli. Nel 1950 esce Rio Grande di John Ford, il capitolo conclusivo della trilogia fordiana sulla cavalleria. In Italia il titolo diventa Rio Bravo, forse mantenerlo Rio Grande era troppo scontato, ma tant’è si usciva da una guerra che aveva messo in ginocchio questo paese, le strade erano interrotte e le case da ricostruire.

Nel 1959 ad Hollywood viene girato Rio Bravo di Howard Hawks, dovrei dire con un magnifico John Wayne, ma sarei ripetitivo, quindi mi limito a dire con una bellissima Angie Dickinson e con Walter Brennan nella parte di Stumpy, il vecchietto petulante custode della prigione. Per inciso, Brennan, spalla ideale in molti film di attori come John Wayne, Gary Cooper e Spencer Tracy, girerà 120 film vincendo tre Oscar come attore non protagonista. In Red River è Groot, voce narrante del film e amico di vecchia data di Dunson-Wayne. L’uscita di Rio Bravo spiazza i traduttori italiani, dato che da noi questo film era uscito nove anni prima. Rio Bravo diventa Un dollaro d’onore, Howard Hawks sarà poi il regista di Rio Lobo che, secondo le sue memorie, avrebbe dovuto intitolarsi A dollar of honour ma che cambiò il titolo perché c’era già un cavolo di film italiano che si chiamava così.

Quando poi Herbert Ross girerà Play it again, Sam la confusione sarà massima. Ingrid Bergman in Casablanca sussurra a Dooley Wilson il pianista nero del Rick’s Bar, Play it, Sam. Woody Allen costruirà una commedia teatrale, poi trasposta in un film utilizzando quella frase come titolo. In italiano diventa Provaci ancora Sam che non significa nulla. Per avere un significato logico occorre cambiare il nome del protagonista. Nella versione americana Woody Allen è Allan Felix critico cinematografico in crisi che vive nel mito di Humphrey Bogart e del film Casablanca, da noi diventa Sam. Ma la Bergman chiedeva a Sam di suonare ancora As time goes by, in Italia Sam deve provare a fare cosa? E’ proprio vero che il cinema è finzione, e i film una volta si capivano lo stesso anche se si entrava a metà spettacolo.