Nel pressappochismo dell’era moderna, che sarebbe più corretto chiamare post-moderna, non contano più gli autori ma i generi, per cui immagazzinare cultura diventa dogma primario di ogni operatore culturale che spazia da mollica a fazio con belluina baldanza.
In 8½ Mastroianni chiedeva a Claudia Cardinale, ma soprattutto a se stesso, di essere capace di scegliere una cosa sola nella vita e di restarle fedele per sempre, di farla diventare ragione del proprio tempo, che raccogliesse tutto e diventasse tutto perchè era proprio la sua fedeltà che la faceva diventare infinita. Cosa rimane cinquanta anni dopo nel desolato panorama antropologico-culturale italiano, i soldi, i bisio, i brizzi, i abbatantuoni, e i tognazzi figli (ma quanti cazzo ne sono).
Eppure io una buona idea l’avevo avuta, la storia di Jim Brethonshire, contorsionista famoso di fine ottocento di cui ripercorrevo l’infelice parabola del suo numero più famoso, quello in cui si chiudeva in una rozza valigia di cartone per poi buttare via la chiave.Ma, come una vite senza fine non giunge mai al termine, il mio arzigogolato pensiero cozzava con produttori e uomini di cultura azzimati (termine che mi ha sempre divertito come brunetta ministro o la russa moderato).
E poi se “Un dictionnaire sans exemples est un squelette” come recita le “Petit Larousse Illustré” del 1911, acerrimo nemico del Melzi di cui mi riprometto di affrontare la trattazione con ampio materiale prossimamente, l’Istituto Luce la cultura nazionalistica di questo paese che noi tutti a bocca aperta ammiriamo, pubblica il dvd del film “Il Cardinale Lambertini” opera del 1954 per la regia di Giorgio Pastina con un gigioneggiante Gino Cervi.
Fra gli altri interpreti sulla copertina campeggia un Sergio Totano sfuggito a tutti i controlli che nello specifico si dovrebbero fare prima di stampare un qualche cosa che abbia a che fare con le parole. Orbene, se la cultura fosse una cosa seria, magari per legge sarebbe obbligatorio il ritiro del prodotto per correggere il nome e ridare a Sergio Tofano la gloria che gli spetta, non solo come fine attore di teatro e cinema, ma anche come autore e disegnatore dell’immortale maschera del Signor Bonaventura, ingenuo eroe di una misera italietta per tanti versi simile a quella di oggi. D’altronde si ritirano dalla vendita tortellini con carne di yak, oppure si avvisano gli automobilisti di fare attenzione sui 48 tornanti dello Stelvio perchè il loro giunto ammortizzante appartiene ad una partita difettosa, assemblata da un tornitore indiano che affitta barche sul Gange, non vedo perchè stessi criteri non si possono applicare alla cultura. Ah già, l’argent.