Non capita tutti giorni di essere felici. A volte questo stato ci sfiora e non lo cogliamo appieno, come quel pomeriggio che titubante non acquistai “Realismo neorealismo e controrealismo” di Carlo Muscetta.
La realtà monodimensionale che accarezzavo sotto forma di eccentrico comunismo, cullava dolcemente i miei più bassi istinti, forse per quello che la molla dell’avvolgitore della tapparella mi abbandonò quella mattina in un amen.
Io che già ero avvilito dal dipanarsi dalla mia vicenda di essere umano, accettai con filosofia l’amara tegola ed inforcai l’automobile, anche se mi sarebbe piaciuto inforcare una bicicletta, ma nel country in cui vivo se ne permette l’uso soltanto ai benestanti. I proletari vengono fatti lavorare in opifici, costruiti in lande deserte ed inaccessibili ai mezzi pubblici nelle ore del comune progredire.
Entro nel Brickhostoreforyou e mi aggiro felice fra mille diavolerie meccano-tecnologiche, che mi fanno sentire moderno e nello stesso tempo a mio agio con la tristezza di tutti i giorni. La sventura di chiedere lumi ad un commesso, fa crollare di botto l’eden a base di castello di carte che mi ero costruito. Con fare tra il saccente ed il commiserativo, mi minaccia che se non porterò nel Brickhostoreforyou buona parte della serrandina debitamente sradicata dall’appartamento, difficilmente si potrà risalire al corretto formato del pezzo da sostituire.
La mia mente come Hal 9000 svanisce in un sol colpo e mentre pasolinianamente rifletto sul progresso come falso progresso, mi immagino novello presidente del consiglio emanare come primo atto di una lunga e sfavillante carriere politica, un decreto che uniformi la pezzatura degli avvolgibili delle tapparelle. Esco sconsolato dal Brickhostoreforyou, vorrei distruggere con una mazza ferrata l’insegna al neon che lo reclamizza con arrogante baldanza: “Realizziamo i vostri sogni con filettature da un pollice e mezzo” ma la mia educazione gandhiana mi frena.
E’orami tardi. Rimando tutto a domani. In zona c’è un negozietto che vende cianfrusaglie che frequento ogni tanto. Entro e mentre mi avvento per una rapida occhiata ai libri, il padrone mi guarda in cagnesco consultando l’orologio. Sono tentato da “Il setter da caccia” ma non ho la materia prima e cioè il cane, poi in un angolo una costola strana su cui leggo “1923 Janvier – La Nouvelle Revue Française”. Sfilo il volume con farisaica ambizione e leggo sul frontespizio: Hommage à Marcel Proust. Come un sputnik impazzito, questa scheggia di storia è precipitata in questo assurdo posto, materializzandosi con la mia essenza complice un’ avvolgitore smollato.
Dopo 90 anni il libro in-ottavo è in buonissimo stato, potrebbe addirittura essere stato toccato da Robert Proust o Madame Anna de Noailles. Ne pago il dazio di tre euro ed esco, con la serranda principale del negozio che inizia a chiudersi inceppandosi proprio sul più bello e costringendo il tizio titolare dell’attività a dormire nel mercatino in un letto a baldacchino, usato da Joe d’Amato per un porno B-Movie. Adagio il libro sul sedile davanti e, colto da uno scrupolo paterno, gli aggancio anche la cintura di sicurezza dell’auto. Poi, messo in moto il motore, mi avvio verso casa, ripensando alla giornata trascorsa ed alla pantomima stressante che ognuno di noi recita fra il sublime ed una gloria che non arriverà mai.
La Nouvelle Revue Française più nota sotto l’acronimo NRF nel gennaio del 1923 fa uscire un numero speciale dedicato a Marcel Proust scomparso soltanto due mesi prima il 18 novembre del 1922. L’Hommage à Marcel Proust è una raccolta di ricordi, testimonianze e piccoli saggi con nomi che vanno dal fratello Robert, al suo editore Gaston Gallimard, a Jean Cocteau, Paul Morand, Valery Larbaud,Lucien Daudet, Jacques-Emile Blanche (autore del suo più celebre ritratto esposto al Musée d’Orsay) a Paul Valery.