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This time in color!

In Cinema on 4 gennaio 2012 at 23:08

Che il cinema sia morto non è più un segreto per nessuno, ma quando è avvenuta la sua dipartita? I critici più esigenti, datano il trapasso facendo coincidere questa data con il giorno in cui è mancato Georges Méliès. Colui che da Georges Sadoul venne considerato l’alba della settima arte, muore a Parigi il 21 gennaio 1938, povero, solo, dimenticato.

Si può anche non essere esigenti, ed essere prosciolti da giudizi secchi e draconiani. Accettiamo allora il corso del tempo, il salto temporale che rassicura la critica piccolo borghese. La Colorization Inc. nel 1985 sbianconerizza It’s A Wonderful Life di Frank Capra, il cinema smette di essere assoluto. Il magnate Ted Turner nel 1986 acquisisce 3700 titoli della Metro Goldwyn Mayer per trasmetterli sulle sue reti e diventa anche il proprietario dei master originali di ogni singola pellicola. La situazione precipita e nonostante varie crociate di sensibilizazione, l’allora marito di Jane Fonda decide di colorare e trasmettere sulle sue reti, film che hanno fatto la storia del cinema.

La deflorazione definitiva, avviene il 9 novembre del 1988 quando sugli schermi della Dabliutibies viene trasmesso Casablanca, preceduto da un lungo tormentone pubblicitario che aveva come motto Play it Again Sam, This Time in Color! Nonostante l’allegro e colorato ritornello, è il giorno più grigio della storia del cinema. Un manipolo di uomini senza scrupoli, riscrive le regole del concetto di proprietà artistica, e idealizza un futuro microprocessorizzato, da sottoporre a software inutili che convertono scale di grigi in colori. Si altera materialmente l’opera originale con l’unico scopo di prostituirla televisivamente. Orson Welles è morto tre anni prima. La leggenda vuole che in punto di morte le sue ultime parole siano state “Not colored Citizen Kane.” Quarto Potere sarà uno dei pochi classici ad essere risparmiato dalla furia iconoclasta della Colorization Inc.

L’ultimo spettacolo

In Cinema on 17 agosto 2011 at 09:48

Red River è il primo western girato da Howard Hawks, è un film del 1949 con un grandissimo John Wayne e con il più grande sposamento di una mandria mai filmato. L’ultimo spettacolo proiettato nel cinema di Anarene in Texas sarà proprio questo film. Il cinema chiude perché così vuole la televisione ed il baseball, perché Sam è morto, perché i ragazzi partono per la Corea. Accattone in minore, parafrasando Guccini, girato fra la polvere e il vento, case basse, drugstore cadenti e furgoni scassati. La voce di Hank Williams accompagna i ragazzi di Anarene in un’America dimenticata, da cui tutti vogliono andarsene.

Peter Bogdanovich, come Francois Truffaut viene dalla critica cinematografica, è soprattutto un appassionato di cinema e il suo cinema non può che parlare dei suoi miti. The last picture show, del 1971 è il suo secondo film, Les quatre cents coups è del 1959 ed è il primo film di Truffaut. In entrambi, la passione vera di due registi verso la nostalgia per un cinema che sembra dimenticato. La storia dei film è anche storia di titoli. Nel 1950 esce Rio Grande di John Ford, il capitolo conclusivo della trilogia fordiana sulla cavalleria. In Italia il titolo diventa Rio Bravo, forse mantenerlo Rio Grande era troppo scontato, ma tant’è si usciva da una guerra che aveva messo in ginocchio questo paese, le strade erano interrotte e le case da ricostruire.

Nel 1959 ad Hollywood viene girato Rio Bravo di Howard Hawks, dovrei dire con un magnifico John Wayne, ma sarei ripetitivo, quindi mi limito a dire con una bellissima Angie Dickinson e con Walter Brennan nella parte di Stumpy, il vecchietto petulante custode della prigione. Per inciso, Brennan, spalla ideale in molti film di attori come John Wayne, Gary Cooper e Spencer Tracy, girerà 120 film vincendo tre Oscar come attore non protagonista. In Red River è Groot, voce narrante del film e amico di vecchia data di Dunson-Wayne. L’uscita di Rio Bravo spiazza i traduttori italiani, dato che da noi questo film era uscito nove anni prima. Rio Bravo diventa Un dollaro d’onore, Howard Hawks sarà poi il regista di Rio Lobo che, secondo le sue memorie, avrebbe dovuto intitolarsi A dollar of honour ma che cambiò il titolo perché c’era già un cavolo di film italiano che si chiamava così.

Quando poi Herbert Ross girerà Play it again, Sam la confusione sarà massima. Ingrid Bergman in Casablanca sussurra a Dooley Wilson il pianista nero del Rick’s Bar, Play it, Sam. Woody Allen costruirà una commedia teatrale, poi trasposta in un film utilizzando quella frase come titolo. In italiano diventa Provaci ancora Sam che non significa nulla. Per avere un significato logico occorre cambiare il nome del protagonista. Nella versione americana Woody Allen è Allan Felix critico cinematografico in crisi che vive nel mito di Humphrey Bogart e del film Casablanca, da noi diventa Sam. Ma la Bergman chiedeva a Sam di suonare ancora As time goes by, in Italia Sam deve provare a fare cosa? E’ proprio vero che il cinema è finzione, e i film una volta si capivano lo stesso anche se si entrava a metà spettacolo.