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Maddalene e meduse

In Cinema, Letteratura, News on 15 settembre 2013 at 07:59

maddalene e meduse

L’ultima medusa di settembre spazzò via tutte le mie pretese ambizioni di divenir uomo normale. Deciso una volta per tutte di proseguire per la mia strada con la sicurezza di un sonnambulo, come amava ripetere il vecchio Adolfo nel 1936, avevo bene in mente il mio passaggio in uomo virtuoso.

Dopo qualche bracciata un filo, un escrescenza filamentosa, un rudimento d’alga sembrò sfiorarmi. Proseguii impavido senza lasciarmi intrappolare da rigide convenzioni che mi avevano sempre reso caduco ed irregolare, ma lei era lì che mi aspettava con la sua verginea trasparenza, che violai convulsamente sopprimendo nel dolore una laida bestemmia. Frastornato non capii subito, poi il livore del sole di mezzogiorno, la sabbia, la pietà per il genere umano mi rappresentarono per un attimo.

Quel dolore così intenso ma virtuoso mi invase così violento che, come il giovane Marcel, trasalii attento a quel che di straordinario avveniva dentro di me. Come nel piacere della maddalena inzuppata nel tè, mi sentii indifferente alle vicissitudini della vita e cessò per un breve attimo l’angoscia di sentirmi contingente e mortale. Il ricordo mi apparse così nitido e perlaceo che riaffiorò nel dolore quel mondo che mille volte avevo cercato di ricostruire senza mai riuscirvi se non in chimeriche rappresentazioni temporanee e parziali.

Tanto mi bastò, uscii dall’acqua oramai privo di connessione con la realtà circostante, mi recai barcollante nella casupola adibita a guardia medica dove dichiarai che una delle tre Gorgoni sposata da Nettuno mi aveva aggredito in mare aperto mentre tentavo la traversata dell’Adriatico a nuoto. La pomata a base di bacche di ginseng che mi applicò il solerte dottorino fece il resto. I suoi effetti lenitivi cancellarono in un sol colpo la felicità della realtà impalpabile che avevo vissuto.

Tornato in spiaggia mi adagiai mollemente sulla sdraia. Ebbi ancora un momento di stordimento passeggero, quando dichiarai al mio vicino di ombrellone intento nella lettura di Libero, di essere siniscalco privato del cavaliere di Arcore così malconcio per via di una bolscevica medusa. Ma fu solo un momento. Estrassi dalla sacca del mare il numero 160 di Zagor il cui titolo recitava “Minaccia dallo spazio” e mi immersi in una diligente lettura. Il professor Hellingen era impazzito ancora una volta anche se questa sarebbe stata l’ultima.

Tremai per un attimo, chiusi il fumetto e mi addormentai. Fu allora che sognai di essere a bordo del Bellerofonte e di narrare le mie memorie ad un incredulo Napoleone Bonaparte tradotto dagli inglesi a Sant’Elena, un’isola “cagata fuori dal diavolo mentre volava da un mondo all’altro”.