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Sunrise di F.W.Murnau

In Cinema, Letteratura on 29 ottobre 2011 at 10:47

Attilio Bertolucci racconta il suo incontro con Aurora di Murnau. Aveva 16 anni, era il 1927 ed in Italia non esisteva ancora una vera critica cinematografica. Riusciva a leggere qualcosa di cinema su riviste francesi. Si era sul finire del muto, Aurora esce a Parma un lunedì. Attilio con altri due amici fra cui Pietrino Bianchi, in seguito critico cinematografico, si reca al cinema ma la pellicola non è arrivata. Racconta il poeta che tanta era la passione per il cinema che: “…dall’emozione dal desiderio di vederlo mi è venuta la febbre a trentotto”.

La deriva elitaria e pornopopulistica del cinema di oggi mi induce a pensare che ciò che chiamiamo cinema, altri non è che una forma di spettacolo degenerata. Potremmo ancora mettere sullo stesso piano queste due diverse forme filmiche, a patto di trovare un ragazzo di sedici anni febbricitante per il mancato arrivo di una pellicola. Se lo trovate non basta. Nel 1942 François Truffaut ha dieci anni e una gran voglia di vedere Les visiteurs du soir di Marcel Carné. Decide di non andare a scuola. La sera stessa sua zia lo porta al cinema. Il film è già scelto: Les visiteurs du soir. Il piccolo François non confesserà mai di averlo già visto il pomeriggio. Truffaut, Bertolucci e Murnau in interessanti rimandi. Aurora viene considerato il più bel film della storia del cinema da Truffaut. In un intervista Truffaut sulla critica cinematografica, laconico e definitivo: “Un regista, oggi, deve accettare l’idea che il suo lavoro potrà essere giudicato anche da qualcuno che magari non avrà mai visto un film di Murnau”.

Mon cher François, forse perché oggi viviamo in democrazie consolidate, forse perché siamo circondati da geni, oggi è addirittura possibile diventare registi senza aver mai visto un film di Murnau. Che cos’era il cinema di allora se ci si ammalava per non aver visto un film oppure si marinava la scuola? Arte popolare innanzitutto, nata come fenomeno da baraccone ed allevata nei primi anni di vita con amorevole cura da Georges Melies e le sue fantasmagorie. Vedere i film delle origini oggi è impossibile, il nostro giudizio si è ramificato e sedimentato verso il basso a causa degli ottant’anni di cinema che sono seguiti. Vederli come reperti o da studiosi è esercizio inutile. Ricreare un mondo non è possibile. Bisogna quindi, per un giudizio leale e sincero, affidarsi al ricordo di chi li ha visti in quelle sale e su quelle poltrone.

Così il racconto di Bertolucci prosegue nell’entusiasmo delle didascalie di testa, quando il film viene presentato come il canto di due esseri umani. Murnau nel suo primo film americano mette in scena un racconto naturalistico di Hermann Sudermann, trasformandolo. La storia d’amore fortemente lirica, viene tratteggiata in maniera addirittura antinaturalistica. La campagna è sempre mostrata in una bruma perversa quasi impalpabile, la città viva e rumorosa è attraversata dai protagonisti Janet Gaynor e George O’Brien con leggerezza e stordimento, le situazioni addirittura fantastiche come nell’improvviso e assurdo tram che sbuca nel bosco e che lentamente porta in città, con il paesaggio che cambia osservato dai finestrini: il lago, le barche, qualche casa, uomini di periferia, tralicci, insegne, carri, cavalli, auto, fumo, piazze, traffico caotico di persone e mezzi. Attilio Bertolucci ricorda questa sequenza con nostalgia, definendola sequenza poetica. Così come nella poesia ricordiamo una bella sequenza di versi, così nel cinema si può ricordare una bella sequenza di immagini.

Le immagini e i volti rappresentano l’essenzialità del cinema di quel periodo. Il film parlato modificherà questa struttura distruggendola, e l’idea di Murnau sulla cinepresa dimenticata, teorizza semplicemente il sonoro come contrapposizione di un mondo perduto. “Il film sonoro significa un grande progresso nel cinema. Sfortunatamente giunge troppo presto: avevamo appena cominciato a trovare una via per il film muto, stavamo facendo valere tutte le possibilità della cinepresa. Poi ecco l’avvento del film sonoro e la cinepresa è dimenticata, mentre ci si lambicca il cervello per imparare a servirsi del microfono”.